Se non ci fosse Blob?

Ovvero l'epoca della sovraesposizione mediatica

dall'imminente del febbraio 2008



Giorni fa mi sono accorto che sulla maglietta che indossavo era stampata una vignetta in cui due personaggi si scambiavano queste battute: "La TV è uno schifo…" "Hai ragione, se non fosse per Blob su Rai 3 non l'accenderei neanche!".
Blob nasce il 17 aprile 1989, da un'idea di Enrico Ghezzi e Marco Giusti: si tratta di voler fare un programma satirico di 15/20 minuti che proponga uno studiato montaggio di spezzoni audio e video, tratti dalla programmazione della Televisione italiana. Quello che mi domando e se per caso oggi Blob non abbia perso la forza sfrontata che lo contraddistingueva un tempo. La chiave di volta del programma è l'effetto Kuleshov: un risultato visivo ottenuto accostando una dopo l'altra due immagini, con l'obiettivo di suggerirne una terza nello spettatore. In questo modo il messaggio proposto resta fuori dal piano esplicito lasciando al fruitore la libertà interpretativa: la conseguenza è uno shock a posteriori nella sua mente. È fondamentale quindi mantenere un certo distacco fra le immagini e l'intenzione che sta dietro la decisione di accostarle fra loro.
Torno col pensiero alla maglietta: perché mi figuro Blob come il logo indossato dall'italiano medio mediamente insoddisfatto della TV? Forse perché Rai 3 è assurta a roccaforte della cultura catodica sinistrorsa? Forse perché nello zapping capita di incontrare personaggi che, dopo un'uscita infelice, esclamino scherzando "Dannazione, finirò su Blob per una settimana!" indebolendo la vis polemica del programma?



Stiamo finendo per prevedere quello che Blob manderà in onda, intuiamo che il mood del ghezzismo si è uniformato al linguaggio televisivo odierno. Abbiamo imparato a parlare di questo programma, come fosse un'istituzione di tutti e nessuno, che in una propensione destrutturante bipartisan ci ha abituati al capovolgimento delle affermazioni, delle posizioni, dei valori. Nell'epoca della sovraesposizione mediatica abbiamo assistito e concorso alla sovraesposizione di Blob e ci siamo assuefatti al riconoscergli una ragione critica, senza più sondarla, senza più sorprenderci o - pacificamente seduti in poltrona - indignarci.
Nel 1993 usciva per RAI-ERI Il libro di Blob di Enrico Ghezzi e Marco Giusti, che a soli quattro anni dalla sua nascita dimostrava un'attitudine ad affermarsi come importante chiave di lettura della società italiana. Dal 2007 Blob è maggiorenne ed è inevitabile fare un confronto coi vent'anni di Striscia la notizia di Antonio Ricci. Il telegiornale satirico di Canale 5 - macchiettistico e altalenante tra servizi di carattere sociale e gag di facile comicità - è di tutt'altra natura e caratura culturale ma suggerisce una riflessione su quello che possiamo considerare il vizio di Blob. Il programma di Ghezzi non finisce forse per fare parte della TV che esso stesso denuncia e venir digerito dalla becera logica del pubblico televisivo? Viene guardato perché si ricerca voyeuristicamente ciò che Blob spiattella in video. Pensiamo per esempio alla "rubrica" Area Pro-Tetta, in cui la geniale idea di incastonare in 10 minuti solamente immagini di seni nudi ha però - alla lunga e con l'iterarsi periodico - incentivato l'accettazione di quel canone estetico, omologato al palinsesto. Blob segue questa linea in maniera ingenua o è consapevole che certe visioni possano piacere a chi ama il piattume catodico? Striscia la notizia cerca consenso e share proprio in questo modo, ottenendo sia l’uno che l’altro con successo e senza pretese intelettuali che lo rendano vulnerabile a critiche vezzose e finto-colte.
Sappiamo però che il programma di Rai 3 non è un prodotto preconfezionato e, al contrario, la sua ricetta è molto simile ad un piatto che ci viene riproposto, ma cucinato in tutt'altro modo. Gli spezzoni audio e video che si susseguono vengono portati a nuova vita, spesso demoliti, talvolta nobilitati. Credo che l'attitudine satirica di Blob - pur considerando gli effetti collaterali valutati - non sia cambiata negli anni, come non sono cambiate l'impertinenza e l'anarchica ironia. Ciò che è mutato sono il nostro modo e la nostra capacità di leggerlo, che rendono sempre più vicino il momento in cui finirà sulla fatidica maglietta.
L'augurio che possiamo fare a Blob è di non nascondersi dietro l'apologia dello zapping che ne fonda la ragion d'essere, mentre quello rivolto a noi spettatori è di riuscire ancora a cogliere la straordinaria semplicità evocativa dell'effetto Kuleshov, per non rischiare di presumere in anticipo cosa ci verrà proposto alle 20.10.



Marco Turconi

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