dall'imminente dell'aprile 2007

Delle decine di fumetti che ha firmato, 5 è il numero perfetto è forse quello che ha ricevuto più consensi: ed infatti, per guardarci vicino, nonostante sia stato edito cinque anni fa, è tuttora l'unico fumetto italiano che potete vedere in CUEM, la libreria dell'Università Statale di Milano. Si tratta di una storia noir ambientata a Napoli - e con i dialoghi in napoletano - che ha come protagonista Peppino Lo Cicero, ex guappo di prima categoria al servizio della camorra, padre di un figlio che ha seguito la sua strada e viene assassinato a sangue freddo durante una "commissione": la tragedia lo spinge a tornare in azione contro quelli che furono i suoi stessi datori di lavoro. Anche un profano del genere, come chi scrive, rimane affascinato soprattutto dallo stile del disegno: nella postfazione viene segnalata l'importanza della bicromia, ed in generale alcune vedute urbane di Napoli, la finezza e la sensibilità di alcune "inquadrature" spingono a sospendere la lettura e l'intreccio per concentrarsi sulla grafica - la scelta del dialetto poi è coraggiosa e riuscita. 5 è il numero perfetto è probabilmente la migliore opzione per chi vuole introdursi ad Igort e decidere se approfondire con altri lavori, da cercare nelle fumetterie milanesi.

Si parte dal cinema - come per Buzzati nello scorso numero, anche per Igort il passo sembrerebbe praticamente ovvio: "Il cinema è un linguaggio che io amo molto. Detto questo, non so come mi comporterei se dovessi fare un film: a volte ho delle immagini, mi sta capitando ultimamente (…). A volte mi capita di scrivere delle scene che non sono legate ad un fumetto, ma ad un racconto di per sé: potrebbero essere un romanzo, oppure un film". Il racconto, quindi, viene prima: codificarlo in fumetto, in prosa o in cinepresa è una scelta formale successiva. E' significativo che venga aggiunto: "(…) il racconto detta le regole: noi, secondo me, non dettiamo un cazzo, non siamo noi che decidiamo, noi seguiamo".
Occhi strabuzzati: perché al fumetto si arriva solamente alla fine, ma il percorso che si compire per arrivare a raccontare con carta, inchiostro e colla non può passare solamente per racconti su carta, inchiostro e colla: "(…) vedo una costruzione. Questa costruzione è fatta di diversi linguaggi: io nel fare fumetti non guardo solo fumetti, non mi nutro solo di questo. I fumetti sono una minima percentuale - Gipi annuisce - rispetto al cinema, alla letteratura, alla musica. Spesso ascolto delle musiche e mi dico: io devo disegnare con questa libertà".
Il percorso che Igort suggerisce è il più aperto ed esaltante possibile: il vissuto di ciascuno contribuisce a creare una pasta, una forma, un magma. Da questa pasta, forma, magma l'energia spinge all'espressione. I connotati dell'espressione - fumetto, cinema, letteratura, musica - sono il punto di arrivo, dove subentra la tecnica: ma si tratta di una deviazione finale radicata nello stesso movimento e nello stesso bisogno.
Per questo, senza nessuna contraddizione, possiamo parlare di un bravo fumettista su una rivista di cinema.

Giacomo Giudici
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