E' uscito il nuovo numero di imminente!

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All'interno:
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BREVI

Italietta _ Mamma li rom

Cinebrivido

Il dolce e l’amaro_ http://www.waterfootprint.net/

Monumentalistica_Piazzale Baiamonti

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RUBRICHE

Incontri_Isola della Moda http://www.isoladellamoda.info/

La Maglietta_Charles Bukowski

Menocchio_Dolcino e Dolcissima http://www.teatroagricolo.it/

Gli Occhi Strabuzzati_Ennio Flaiano

Musikanten_High fidelity

Made in Italy__Tutta la vita davanti
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TITOLI DI CODA
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Grafiche Novelle_7 soldati della vittoria

Blaz - l’uomo Blasé

Solo in rete_http://www.polaroids.net/

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Direttore responsabile
Daniele Gallo

In redazione
Daniele Belleri, Giacomo Giudici, Marco Turconi, Antonino Valvo

Hanno Collaborato
Giacomo Bisanti, Claudia De Falco, Paola Gallo, Alberto Ricca

foto di copertina
Civico Archivio Fotografico
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Pi greco - il teorema del delirio

Techno e Breakbeat al servizio della schizofrenia




Esiste un tipo di musica elettronica per il quale la fruizione ideale richiede nell'ascoltatore una buona dose di schizofrenia. Questo è l'assunto dal quale partire per analizzare la colonna sonora di Pi Greco, che senza dubbio si configura come qualcosa di più di un accompagnamento musicale o di un semplice motore in grado di spingere più velocemente le immagini.
Innanzitutto è necessario contestualizzare: il film esce nel 1997, un anno cardine per la moderna musica elettronica, soprattutto dal punto di vista discografico. Basti pensare all'influenza che avranno album come New forms di Roni Size, The fat of the land dei Prodigy, Richard D. James album di Aphex Twin e Mezzanine dei Massive Attack. Darren Aronofsky – esordiente regista-sceneggiatore – sceglie il pure esordiente Clint Mansell per curare una colonna sonora che legga con "lucidità" il viaggio del protagonista in un delirante universo paranoico, fatto di timbri distorti e accelerazioni improvvise. Il linguaggio del film si preoccupa così di dare lo stesso peso alle esperienze reali e alle proiezioni extrasensoriali, avvolgendole di un bianco e nero sgranato a 16mm, che talvolta sembra portare lo spettatore su un piano altro rispetto all'esperienza sensibile. Ogni volta che la macchina da presa si fissa, anche solo per qualche istante, sullo sguardo di Max Cohen i suoni acidi e freddi viaggiano sulle stesse frequenze delle sue allucinazioni: i suoni distorti e filtrati - talvolta sconfinanti nel Noise - che lo attaccano quando è in bagno sono il martello che gli perfora le tempie, mentre niente meglio dell'incalzante "Petrol" degli Orbital poteva accompagnare la sua folle corsa in metropolitana. E proprio l'ambiente metropolitano si conferma il più consono ad accogliere i suoi attacchi e le sue intuizioni visionarie, frammentate da arpeggi di bassi cupi e sintetici, inframezzate da pad distorti ed evanescenti. Questa è la condizione entro la quale Techno e Breakbeat meglio si accordano, fondendo le proprie ritmiche, nell'intento comune di esasperare le percezioni e incalzare quella schizofrenia di cui si parlava all'inizio. In tale contesto sembra piovere come manna "Angel" dei Massive attack - che entra in fade-in e si concede per un minuto scarso - essenziale manifestazione dell'anima soffice dell'elettronica: il Trip-Hop. I contrasti sembrano essere il trait d'union di tutto il film, che oppone scene di un buio claustrofobico a fotogrammi completamente bianchi, sequenze con pochi cambi d'inquadratura a un montaggio frenetico da videoclip, la rarefazione sonora di "Kalpol intro" degliAutechre - che ritorna in almeno tre occasioni - alla violenta Jungle di "Pi r2", vero e proprio theme del film. La musica elettronica, con e grazie a Pi Greco, rivela sia la peculiare precisione matematica dei beat e dei suoni sintetizzati, campionati, granulizzati, sia la straordinaria capacità di sconfinare nell'irrazionale e nell'inconscio: proprio i due fuochi fra i quali si trova imprigionato il protagonista del film.

Soundtrack consigliata

Clint Mansell - Pi r2
Stanley herman - I only have eyes for you
Orbital - P.e.t.r.o.l.
Autechre - Kalpol intro
Banco de gaia – Drippy
Spacetime continuum – A low frequency inversion field
Massive attack - Angel
Electric skychurch – Full moon generator
Joanne Ovadia - Some of these days



Marco Turconi

Camicie Verdi di Claudio Lazzaro

Dall'imminente del maggio 2006


"Noi che siam padani abbiamo un sogno nel cuore: bruciare il tricolore!". Questo è il grido che si alza, unanime, dalla folla in festa durante i comizi della Lega Nord. Follia? Può darsi, ma sicuramente è pura realtà. All'appello non manca nessuno: Calderoli è li sul palco a sbraitare contro gli Islamici ed i terroristi, esibendo con orgoglio la sua collezione di t-shirt; Borghezio è in Piazza del Mercato a Torino, pronto per una delle solite ronde notturne, atte a ripulire la città dalla "sporcizia immigrata"; c'è anche il "Senatur" Bossi, provato e stanco dalla lunga battaglia in Parlamento per l'approvazione della legge sulla devolution. Insomma, c'è proprio il meglio del peggio nel primo film di Claudio Lazzaro, ex giornalista, ora produttore e regista, Camicie Verdi. Il punto cruciale del film è l'intervista rilasciata da Carlo Marchini, fondatore delle Camicie Verdi ed ex senatore leghista: "Bossi mi chiamò all'una e mezza di notte chiedendomi di sparare ai carabinieri durante il raduno per la dichiarazione d'indipendenza padana. Voleva manifestazioni eclatanti, gesti estremi, voleva che si bruciassero i tricolori. Gli dissi che era pazzo. Poi scoprii che alcuni esponenti della Lega avevano ordinato, a mio nome, l'uccisione di Borghezio: serviva un martire da mostrare nelle piazze. Ma a quel punto feci un passo indietro".
Semplicemente agghiacciante. Lazzaro si raffronta anche coi giovani leghisti partecipanti alle iniziative culturali (!) organizzate nelle discoteche dal partito; li incalza con domande sui motivi che li hanno spinti nella scelta dell'adesione e i valori in cui credono, ottenendo come risposta solo fragili sorrisi che mascherano un profondo, inquietante vuoto di convinzioni e idee. Altro che "celodurismo", qui siamo davanti ad una totale mancanza di sostanza. Ma questa è la Lega che fa più paura: la Lega del futuro che sta sorgendo dal fuoco, ancora acceso, del disprezzo e dell'odio che fuoriesce dalle bocche dei distinti rappresentanti parlamentari in camicia verde. È per questo che c'è bisogno di una forte e ostinata voce contraria. Avanti allora, o popolo, affinché nel domani l'unico verde sovrano sia quello dei campi in fiore.

http://www.camicieverdi.com/


Andrea Piovesana

Un impiegato, un dottore e l’omicidio di Augusta T.


Dall'analisi delle pellicole e delle registrazioni in nostro possesso, non risulta che il Dottore e l'Impiegato si siano mai rivolti la parola. Andrebbe pertanto esclusa l'ipotesi che l'Impiegato sia stato sottoposto a interrogatorio da parte del Dottore almeno una volta negli anni fra il 196* e il 1973.
L'unico momento di contatto accertato fra l'Impiegato e il Dottore, va fatto risalire alle circostanze di un'operazione di Polizia dell'aprile 196*, compiuta durante le indagini sull'omicidio di Augusta Terzi. Nella sua qualifica di dirigente dell'Ufficio Politico, il Dottore aveva fatto visita quel giorno ai piani sotterranei del Palazzo della Questura, dove in base ai suoi ordini erano state appena condotte con la forza una trentina di persone, tutte legate alle formazioni movimentiste dell'estremismo di sinistra. Fra gli uomini e le donne trattenuti per accertamenti vi era anche A.D.F., trentenne, ex impiegato delle Poste.
Al di là di questa occasione, in cui il Dottore e l'Impiegato si trovarono nella stessa stanza per diverso tempo e si scambiarono qualche reciproco e non tenero sguardo, i due uomini non si sono mai incontrati né rapportati in alcun modo.
La data dell'aprile 196* segna per l'Impiegato l'inizio di un secondo periodo di reclusione. Già condannato per il fallito attentato del settembre 196*, evaso dal carcere nel novembre dello stesso anno, dopo aver guidato la rivolta dei detenuti, durante i mesi della latitanza riprende l'attività terroristica in alcuni gruppi clandestini. Al momento del fermo in Questura, nell'aprile, è trovato in possesso di documenti falsi. Risalite alla sua vera identità, le Forze dell'Ordine procedono alla nuova incarcerazione.
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Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è un film di Elio Petri, del 1970, con protagonisti Gian Maria Volontè e Florinda Bolkan, e musiche di Ennio Morricone. Storia di un Impiegato è un disco di Fabrizio De Andrè, del 1973. Il Sessantotto, visto appena dopo: due storie sul Potere con la maiuscola, come forza impersonale e inattaccabile. Potere che difende i suoi membri, Potere che arriva ad inglobare e neutralizzare i suoi attentatori, quando questi rischino di metterne davvero in pericolo l'esistenza.
Ma c'è stato davvero, quel basso come martello, quel tamburo insistente, quel giro acuto e spigoloso, che se lo sono presi pure i Subsonica? O è tutto un espediente di cinema e musica? Il De Andrè politico non suona così lontano da Morricone. Il Dottore detta all'Impiegato le parole di Sogno Numero Due: « Hai assolto e hai condannato al di sopra di me, ma al di sopra di me, per quello che hai fatto, per come lo hai rinnovato, il potere ti è grato». E poi chiarisce la sentenza: «Assoluzione e delitto, lo stesso movente».
Dall'altro lato c'è Gian Maria Volontè: l'attore il cui volto è rimasto come uno spazio umile, prestato alle sovrapposizioni dei ruoli e dei personaggi. L'uomo senza una versione stabile e riconoscibile del suo talento. Un primo attore che non ha voglia di autocelebrarsi o di diventare un'icona pop, e che per quanto ci si metta, non riesce proprio a prenderle sul serio, le ragioni dell'avere una faccia o una voce.


« Noi invece siamo a guardia della Legge, che vogliamo immutabile, scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata. Ad altri il compito di educare, a noi quello di reprimere! La repressione è il nostro vaccino. Repressione è civiltà!»

Daniele Belleri

Biutiful Cauntri

In Italia persiste una brutta abitudine: delle cose se ne parla solo quando sono al culmine, quando si realizza un episodio clou, poi basta. La notizia buona è solo l'ultima, quella del momento. Poi poco a poco l'argomento si esaurisce, passa in secondo piano rimpiazzato da un avvenimento più eclatante: il prima e il dopo non interessano a nessuno. O almeno così sembra. Questo è esattamente quello che si è verificato anche per l'emergenza rifiuti della Campania: per qualche giorno la regione sommersa dai suoi (nostri) detriti è stata sulle prime pagine di giornali e TG ma una volta passata la bufera i media si sono defilati. Come e perché si è arrivati a questa situazione eda quanto tempo va avanti? Chi è veramente costretto a pagarne le conseguenze?





Sono queste le questioni affrontate dal documentario Biutiful Cauntri, interamente girato nella provincia napoletana, prodotto e distribuito dalla Lumière & Co ed insignito della menzione speciale "per il raggiunto equilibrio tra impegno civile e rigore espressivo" alla 25ma edizione del Torino FilmFestival (2007). Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio (reduce dal film collettivo Checosamanca in concorso nella sezione Extra della Festa del Cinema di Roma dello scorso anno) e Peppe Ruggiero danno la parola alle vere vittime delle discariche abusive, lasciano che sia il 'popolo', auto-definizione di uno dei protagonistinarratori, a raccontare la storia di un territorio che, costretto a convivere con i rifiuti tossici, si sente abbandonato dalle istituzioni e minacciato dalla malavita. La direzione è asciutta ed efficace, si va dritto al punto: la collusione di imprenditoria e governanti è palese e la camorra con i 'guanti bianchi' miete morti tanto quanto quella che impugna le pistole. In un clima di omertà collettiva i camion arrivano di notte, scavano ed interrano rifiuti non smaltibili, le fabbriche scoppiano, i copertoni bruciano esalando fumo nero nell'atmosfera mentre la diossina inquina aria, acqua e terra.
Le immagini del Comando Tutela Ambiente dei Carabinieri di Caserta e Salerno e le intercettazioniconcesse dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere sottolineano e avvalorano le dichiarazioni di un educatore ambientale che per anni ha lottato e denunciato questi crimini e di allevatori e contadini che da generazioni vivono in queste terre, ora alterate, e che vedono a rischio non solo il proprio lavoro ma, soprattutto, la propria salute. Non c'è spazio per retorica e sentimentalismi: ilprimo commissariamento risale a 14 anni fa, le indagini sono incorso e la Comunità Europea ci ha recentemente condannato per le discariche abusive presenti nel paese (1200 solo in Campania). Dopo Gomorra, l'ecomafia e una camorra che parla con accento del Nord tornano di nuovo sotto i riflettori. Lo spettatore, guidato in questo viaggio nell'inferno campano da cartelli autostradali e sottotitoli, si indigna ma non basta più. I rifiuti avvelenano la Campania, società e politici corrotti e lassisti tutto il Bel Paese.



Claudia De Falco