Dino Buzzati

dall'imminente del febbraio 2007

L’opera d’amore e il gioco pessimista
Se nello scorso numero di Imminente si è cercato di dimostrare come, in senso lato, tutte le strade portino al cinema, questo articolo vorrebbe essere un piccolo tributo a chi di queste vie ne ha percorse diverse, raccontando il vero e l’immaginario con la stessa straordinaria onestà intellettuale. Appena scaduto il centenario della nascita vorremmo quindi ricordare Dino Buzzati, coscienti che nel parlare di un uomo così eclettico e totale le distanze tra gli argomenti diventano sottili.
Eclettico per la capacità “passiva” di subire influenze e suggestioni dai generi più vari, totale per quella “attiva” – più unica che rara - di saperle riproporre in forme tanto diverse tra loro da sembrare, a prima vista, inconciliabili: l’attività giornalistica come cronista, quella letteraria come autore di romanzi e racconti brevi, quella di artista pittore-fumettista e di regista teatrale. Stupisce soprattutto come ci sia una cifra di fondo – un marchio, leggero quanto incisivo – che Buzzati riesce ad imporre ad attività così diverse tra loro, che spaziano dal raccontare l’accaduto alle raffigurazioni erotiche e surreali dei dipinti, alle storie infantili per il “Corriere dei piccoli”. Formalità, innocenza, immaginario, devianza sono elementi che da opposti vengono resi complementari, rintracciabili in qualsiasi lavoro, solo dosati diversamente a seconda dell’occasione e dell’obiettivo.
La stessa coesistenza di elementi opposti si può ritrovare anche nella biografia: nativo di Belluno, e legatissimo alle sue radici culturali, Buzzati saprà essere contemporaneamente provinciale e cittadino, qualcosa di più di un milanese d’adozione. Saprà immaginare e vivere con la stessa efficacia le sue montagne e atmosfere rurali – ecco l’attività alpinistica, spesso tradotta in letteratura e pittura, e il ciclo dei quadri “I miracoli della Val Morel”, scherzosamente impregnato di superstizione contadina – e Milano – la città, l’atmosfera urbana metafisica ed umana. A volte mischiandole letteralmente, come nella celebre raffigurazione di Piazza del Duomo trasfigurata in un paesaggio dolomitico.


L’occasione per riscoprire la parte forse meno nota della sua opera – l’impegno nella pittura e nel fumetto, che tuttavia era considerata dallo stesso autore la propria più autentica inclinazione - è stata offerta con la splendida mostra “Dino Buzzati – storie disegnate e dipinte”, allestita alla Rotonda della Besana e conclusasi il 28 gennaio: una panoramica esauriente e varia, incentrata soprattutto sul “Poema a fumetti”, lavoro della seconda metà degli anni Sessanta in cui si possono rintracciare alcuni degli elementi che accompagnano tutta la carriera di Buzzati e che, in un certo senso, interessano da molto vicino questa rivista.
(brevissima trama?)
Un elemento è, come anticipato, la coesistenza dell’immaginario e del reale, con la stessa incisività. In questo caso “il reale” è proprio Milano. Buzzati non esiterà a collocare l’accesso agli inferi in un luogo preciso del centro: tale via Saterna, il cui imbocco segreto si troverebbe in Largo La Foppa, all’angolo d'incrocio fra via della Moscova e Corso Garibaldi, nello spazio che è oggi occupato dalla libreria Utopia.
Dallo stesso “Poema a fumetti” emerge un’altra caratteristica, propria del narrare per immagini ma qui forse ancora più marcata: un senso cinematografico. Il rapporto tra Buzzati e il cinema è sottile, un corteggiamento (fintamente?) disinteressato. Nell’unica consistente intervista televisiva rilasciata, dichiara di non sentirsi adatto al ruolo di regista, ma ammette di avere ricevuto delle proposte interessanti per inscenare alcuni dei suoi più famosi romanzi, poi lasciate cadere – e d’altra parte sarà, come accennato, regista teatrale, ma anche autore di cortometraggi. E i suoi romanzi più famosi, “Il deserto dei tartari” e “Barnabò delle montagne”, diventeranno infine dei film.


Questa unica, minima incompiutezza della sua straordinaria esperienza artistica e umana è una punta quasi piacevole: rimane, Dino Buzzati, un modello di intellettuale – gigante ed umile insieme, antiretorico senza ostentarlo e graffiante nel rapporto con i media conformati – con pochissimi pari per onestà e talento. Caratteristiche che ce lo fanno sentire vicinissimo e necessario.
Giacomo Giudici