Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli



Molti sono gli spettacoli e le canzoni dedicati a Giuseppe Pinelli, ma a 39 anni dalla strage di piazza Fontana, a resistere alla prova dei decenni è rimasto solo Morte accidentale di un anarchico, di Dario Fo. Poco ricordato è ad esempio Documenti su Giuseppe Pinelli, lungometraggio del 1970 a doppia firma Elio Petri e Nelo Risi (fratello di Dino). All'interno di quest'opera impegnata e severa si trova una sequenza preziosa: gli undici minuti di Ipotesi su Giuseppe Pinelli, girati da Petri in uno stanzino disadorno, riproduzione dell'ufficio del commissario Calabresi nella questura di Milano.Accigliato, sotto grandi baffi, Gian Maria Volontè annuncia di volere ricostruire, e con lui altri quattro attori, la precisa dinamica della morte di Pinelli. L'ovvio intento dell'operazione è smascherare l'assurdità delle versioni ufficiali fornite dalla magistratura, che parlino di balzi felini o di un uomo che calza tre scarpe. Ciò che più si fa godere come originale è l'atmosfera da teatro-cinema, con la cinepresa fissa su un cavalletto e la recitazione inframmezzata da letture degli atti dell'inchiesta. Oppure la possibilità di osservare Volontè che per una volta smette i panni di Fregoli e si trova alle prese con la sua vera faccia, la sua vera voce e il suo vero accento: tre cose sorprendenti, quasi insospettabili.

Daniele Belleri


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