Milano Centrale

intervista al regista Alan Maglio



a cura di Antonino Valvo

Come è stato il tuo incontro con la Stazione Centrale?
Ho cominciato a frequentare la zona grazie a degli amici che si incontravano lì. Ciò che mi attraeva di più era la volontà di trovarsi all'esterno per fare comunità: una sorta di polis, dove lo spazio pubblico diventa luogo deputato all'incontro, una socialità esibita senza che nessuno si preoccupasse di ciò che poteva pensare la gente.
Che obiettivo volevi raggiungere con il film?
Dei neri, dell'immigrazione, delle condizioni in cui vivono se ne è parlato molto ma sempre in maniera banale, con le storie più eclatanti e il degrado che le circonda. Io volevo concentrarmi sulle persone, su quello che pensavano e desideravano. Sapevo che non ero finanziato da nessuno e questo mi ha concesso più tempo: se volevo spenderci un anno, come poi ho fatto, nessuno me lo impediva. Il processo ha funzionato anche per questo motivo.
Come hanno reagito le persone coinvolte?
Alcune sono miei carissimi amici con cui ho condiviso ben più di un film. Gli altri le prime volte avevano timore, c'era chi non voleva farsi riprendere da una telecamera, e poi non ero africano, non ero uno di loro e questa cosa creava sospetto. Ma alla fine la curiosità ha vinto la diffidenza. Come ti sei mosso durante la lavorazione?
Abbiamo iniziato in maniera pretestuosa, con delle interviste. Si arriva a parlare dell'arte e delle donne, di politica solo quando hai tirato fuori i soliti discorsi: mi piace l'italia, sono nero, sono discriminato, ho la famiglia etc. Superato quello arrivi a un altro livello di dialogo, più profondo e originale. Alla fine c'era così tanta voglia di esprimersi che tenevo la telecamera accesa anche per 30/40 minuti.
Quando hai capito che il film era finito?
Terminate le riprese mi sono trovato con più di 20 ore di materiale. Ho avuto bisogno di tre mesi per catalogare e selezionare. Ho visto il tutto con Alessandro Tinelli che ha composto la musica e che mi ha aiutato al montaggio. Poter avere l'opinione di una persona che guardasse con occhi nuovi il girato è servito per far nascere concretamente il film.
Che via hai usato per la distribuzione?
Una volta finito il film come primo polo di divulgazione ho voluto il Festival del Cinema Africano di Milano, che ho frequentato come spettatore per dieci anni. Grazie alla visibilità che mi ha dato il festival di Milano sono stato chiamato da altre manifestazioni: Torino, Ancona, in Spagna, ad Amsterdam e addirittura Dubay.Hai mostrato il film in alcuni licei: come hanno reagito gli studenti?La reazione è stata ottima: il pubblico, composto da ragazzini cinesi, arabi, africani e italiani sentiva molto l'argomento. E non solo l'uditorio di origine africana ha risposto, ma anche ragazzi rumeni si coinvolgevano venendomi a raccontare le loro storie.

Il vicesindaco DeCorato ha pubblicizzato molto il piano di pulizia in atto in Stazione Centrale. Le persone che hai conosciuto come hanno vissuto questa trasformazione?
Male. Si avverte il momento pericoloso. La presenza dell'esercito per le strade pesa a molti di noi, immagina cosa può essere per una persona straniera, magari senza documenti che si vede schierate in mostra le forze dell'ordine: banalmente cambia aria, va altrove. Questo rende il mio film quasi archeologia, visto che quello che si vede non esiste più. È stato messo un certo freno alla criminalità ma sia gli aspetti positivi che quelli negativi continuano, solo non sotto i riflettori. Avvicinandosi l'Expo vogliono presentare la città come un vetrina perfetta ma è un'operazione inutile senza delle vere politiche di risoluzioni ai problemi. Per ora quello che è stato fatto è solo aver spazzato via i problemi come si fa con la polvere sotto il tappeto.


Potete vedere il film Milano Centrale su youtube.com/imminente08

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