Luigi Tenco - La canzone di protesta prima della rivoluzione

Figli del Boom

"Bisogna creare qualcosa, rompere il cerchio che ci soffoca, altrimenti è meglio piantare tutto. Non si vive per riuscire simpatici agli altri. A me i soldi, il successo, non interessano, li lascio a quelli più furbi di me in questo genere di cose".


“Il miracolo economico…Balle, roba da giornali.. Si il miracolo c’è, ma per i ricchi, ma quelli nascono miracolati.” La cuccagna è un film sul Miracolo Economico che racconta un’Italia, quella degli anni ’60, incastrata in un limbo disordinato, fra nostalgie del ventennio, voglia di costruirsi un futuro, rabbia, apatia e ingenuità. Ciò che ci viene mostrato è solo l’assenza del boom di cui tutti parlano, che sembra essere più una tendenza culturale che una reale rivoluzione sociale.
Luigi Tenco questo l’aveva capito e lo cantava nelle sue canzoni. E forse anche per questo Luciano Salce lo scelse per recitare la parte di Giuliano, un ragazzo contro, arrabbiato con la società e incapace di accettarne le troppe colpe ingiustificate. Non si trattò di una parte di protagonista, perché per un personaggio come quello di Giuliano un simile ruolo era impossibile nella storia di quegli anni: non c’era spazio per coloro che non si ubriacavano di Boom allora. Per questo Giuliano altri non è che un anticipatore dei contestatori che dal ’68 metteranno in atto una rivoluzione culturale nei confronti del sistema sociale italiano. Ma Luigi Tenco è qualcosa di più che un semplice precursore della rivoluzione. Certo qualcosa di diverso. Siamo nel 1966 quando durante un dibattito sul tema "La canzone di protesta" tenutosi al "Beat 72" di Roma, un gruppo di contestatori istupiditi da troppa vuota ideologia si scaglia con il cantautore accusandolo di non fare vera protesta attraverso la sua musica, ma anzi di essere un venduto, un ipocrita, speculando con le sue parole. Tenco viene chiamato mistificatore e servo sciocco perché con le sue canzoni non fa che far guadagnare coloro contro cui esse sono rivolte. Ma è una qualcosa di diverso da una rivoluzione ciò che Luigi Tenco vuole portare avanti: “ Se dentro le canzoni ci metto delle idee, queste idee si trasmettono con le canzoni. Solo che per diffondere adeguatamente le canzoni è necessario che io trovi la maniera di farlo con gli stessi strumenti della società a cui mi rivolgo. Altrimenti è inutile, ne fai a meno, non protesti.” Una dichiarazione tanto matura quanto impopolare, soprattutto nei confronti di quei movimenti che di lì a poco si lanceranno contro un status quo con l’intenzione di stravolgerlo, con l’unica certezza di non voler scendere a compromessi. Ma non si tratta di compromessi neanche per Tenco: “ Io compromessi non ne ho fatti mai, con nessuno, perché non ne so fare, non riesco a venire a patti con la coscienza. Io sono come sono. E poi la mia non è una protesta che nasce intellettualmente, con il fatto di dire adesso io protesto contro Tizio o contro Caio. Nasce al di fuori della propria volontà, dal fatto che uno si sente estraneo a un dato meccanismo... Cioè io insomma le canzoni come le fa Morandi, non le so fare. Succede che a un certo punto mi salta la gomma e dico: ecco, io il militare non lo voglio fare, non so andare a morire... E questo è uno sfogo spontaneo, una protesta sincera. Non è stata studiata al tavolino. Così le parole di quasi tutte le mie canzoni esprimono questo senso, come dire, di malessere. Si può protestare in mille modi. Questa è la maniera mia, e viene dal mio carattere.”




Tanto ci sarebbe da dire della personalità tormentata di questo complesso cantautore italiano, ma da crediamo che meglio di qualsiasi tributo o biografia siano le sue musiche a raccontarci il suo carattere e la sua visione della vita, e poi ci piace pensare che forse proprio questo dar voce a ciò che Luigi Tenco teneva a far sapere riguardo la sua opera e il suo lavoro sia la maniera migliore di rendere onore uno dei maggiori cantautori italiani.


- Alla lunga, magari senza accorgertene, il meccanismo che tu credi di aver conquistato, ti condizionerà. E finirai anche tu come gli altri. Vedi Modugno, che cominciò con le canzoni sui minatori e i pescatori siciliani...- Padroni di pensarla come volete. Io ho preso una strada che a me sembra buona e non la mollo. Anzi, mi sembra tanto buona che vorrei avere un pubblico sempre più grande, immenso, tutto quello che con i mezzi industriali di oggi è possibile raggiungere. E il giorno in cui riuscissi a farcela, e ad avere questo pubblico dalla mia, state pure certi che non lo inviterò a volare nel blu dipinto di blu...


Antonino Valvo

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