Happening: un bilancio

E' il 19 febbraio: carnevale, in fondo, non è passato poi da tanto. Carnevale, prima di diventare la celebrazione edonista che è oggi, per secoli è stato insieme una festa e l'espressione di un bisogno sociale. Carnevale è una collettiva mancanza di rispetto, un'eccezionale autorizzazione ad irridere quei simboli che per tutto l'anno sono sacri ed intoccabili. L'happening di Vieoltreuomo per l'Imminente ha voluto riprendere questi discorsi, correlando alla mascherata, alla sua estrema ingenuità politica, il volantino " Etsi Deus non daretur ", con il suo paio di precisazioni liberali (non era la blasfemia che ci interessava, restando il siloniano motto " Cristo viene prima della Chiesa " una dimensione in cui tutti, variamente, ci ritroviamo).



L'happening è durato poche ore, è stato molto visibile e di sicuro fraintendibile. Certo il nostro è stato un gesto elementare, una provocazione forte e immediata. Chiunque fosse passato davanti la Statale poteva incontrare tre uomini di chiesa, fra cui due alti prelati, che distribuivano le copie del nuovo numero dell'Imminente.



La maggioranza dei passanti hanno probabilmente preso quei travestimenti come un gesto fine a se stesso, senza interrogarsi sul significato che vi stava a monte. In quanto alle reazioni, poi, qualcuno ridacchiava fra sé e sé e tirava avanti, divertito; qualcuno si paralizzava di stupore, come la ragazza con gli occhiali da sole, il cappello e i pantaloni verdi, che compare all'inizio del filmato mentre sfoglia la nostra rivista; qualcun altro scuoteva la testa o esprimeva sommessamente il suo biasimo.



C'è stato poi qualche scambio di opinioni più articolato, momento centrale nella dinamica di questo happening. Vorremmo qui in particolare replicare per tutti a quel ragazzo con la coppola che, con modi fermi ma urbani, ha voluto esprimere i sentimenti di offesa che la nostra messinscena provocava in lui in quanto credente. Da parte nostra vorremmo tornare a far presente la premessa fondante dell'happening. Il disagio che quel ragazzo ha provato di fronte all'utilizzo da parte nostra dei panni sacramentali, un utilizzo abusivo e irrispettoso, insomma una " invasione di campo " indebita, è un disagio che i sostenitori della laicità dello Stato provano ogni giorno, e in ben altre dimensioni che non nella violazione di una mera formalità, quale quella dell'abito religioso. Senza allargare troppo la questione, non vogliamo tanto sostenere il diritto a irridere curati, vescovi, cardinali e papi, quanto evidenziare l'insopportabile asimmetria che caratterizza in Italia i rapporti tra il mondo laico (di credenti o non credenti) e il mondo dei credenti non laici, cui le gerarchie vaticane si pongono alla testa. Un'asimmetria che evidenzia come oggi, in Italia, il principio laico e civile di vivere la sfera pubblica " come se Dio non fosse dato " resti irrealizzato come in pochi altri paesi occidentali.
I
vertici della Chiesa cattolica non portano grande rispetto nei confronti del mondo laico, di cui violano costantemente l'indipendenza. Quando invece qualcuno (e già è raro), dall'interno del mondo laico, tenti di proporre riflessioni critiche che evidenziano tale ennesima " anomalia italiana ", viene tacciato di terrorismo o di estremismo anticlericale. Per quel che ci riguarda, non vogliamo offrire alla Chiesa l'arma del vittimismo, già vilmente sfruttata in occasione dei fatti della Sapienza di gennaio. Se l'anticlericalismo, per fortuna, è scomparso, è contro ogni sua eventuale ripresa che è necessario che i laici si impegnino. L'inferiorità culturale dell'estremismo la lasciamo alla Chiesa e ai suoi baciapile.


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